Quando parlo di normativa fiscale legata allo sport dilettantistico mi riferisco spesso alla Legge 398/1991, una delle colonne portanti della fiscalità per associazioni e società sportive. Nel tempo questa legge è stata oggetto di interpretazioni, chiarimenti e aggiornamenti parziali, ma non era mai stata davvero “allineata” al contesto moderno fino alle più recenti modifiche. Finalmente ci troviamo davanti a un intervento del consiglio dei ministri che nello scorso luglio ha approvato uno schema di decreto legislativo, agendo direttamente sulla 398/91 e sul D.Lgs. 36/2021 (il Codice dello Sport), porta maggiore chiarezza e concretezza a un tema che seguo quotidianamente nel mio lavoro di commercialista sportivo:
La novità principale per il settore sportivo, riguarda l’innalzamento del limite dei ricavi da operazioni commerciali fino a 400.000 euro, soglia valida non solo per le associazioni sportive dilettantistiche ma anche per le società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali o cooperative. Non è un semplice dettaglio tecnico: questa modifica ha un impatto reale sulla vita delle ASD e delle SSD che si trovano ogni giorno a fare i conti con bilanci, sponsorizzazioni, gestione fiscale e nuove responsabilità introdotte dalla riforma dello sport.

Personalmente ritengo che questo aggiornamento fosse indispensabile. La legge del 1991 parlava ancora di “100 milioni di lire”, un riferimento ormai fuori dal tempo, che nel frattempo era stato corretto in via indiretta con successive leggi finanziarie ma senza che il testo originario venisse mai realmente aggiornato. Con questa modifica, il limite dei 400.000 euro entra finalmente nel cuore della legge e si armonizza con la realtà economica delle nostre associazioni.
Parlando con presidenti di ASD o con allenatori che stanno pensando di costituire una società sportiva, mi accorgo che spesso la confusione non riguarda tanto l’interpretazione delle norme, quanto la coerenza tra testi legislativi diversi. Con il D.Lgs. 36/2021 sono stati introdotti concetti come l’obbligo di iscrizione al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, le nuove regole sul lavoro sportivo e la definizione di ente sportivo dilettantistico. A questo punto era necessario che anche la 398/91 parlasse lo stesso linguaggio e includesse, senza più dubbi, le società sportive di capitali e le cooperative tra i soggetti che possono adottare il regime agevolato.
Quando una società sportiva riesce a rientrare nel regime 398, i benefici sono concreti: tassazione forfettaria al 3% dei ricavi commerciali, IVA ridotta al 50% (o al 33% per i diritti televisivi), semplificazioni contabili importanti e la possibilità di dedicare più energie all’attività sportiva piuttosto che a montagne di burocrazia. Non è un caso che la maggior parte delle ASD in Italia scelga questo regime.
Nel mio lavoro quotidiano, ad esempio con associazioni che si occupano di arti marziali, di fitness o di discipline acquatiche, mi capita di incontrare spesso il timore di “sforare” il tetto massimo. Prima bastava una sponsorizzazione in più o una crescita imprevista per rischiare di perdere i benefici della 398. Con la nuova soglia a 400.000 euro si concede finalmente maggiore respiro alle società che stanno crescendo e che vogliono strutturarsi meglio, senza il timore di vedersi catapultate in un regime fiscale ordinario molto più complesso.
C’è anche un altro punto che mi preme sottolineare. La Cassazione, con una sentenza del 2022, ha chiarito che il superamento del tetto non produce effetti retroattivi ma fa decadere l’agevolazione dal mese successivo. Questo significa che un’associazione deve monitorare attentamente i propri ricavi commerciali mese dopo mese. È un aspetto tecnico, ma molto pratico: nella mia esperienza ho visto dirigenti convinti che la verifica andasse fatta solo a fine anno, salvo poi ritrovarsi con contestazioni dell’Agenzia delle Entrate.

Le modifiche introdotte vanno lette anche in prospettiva futura. Sappiamo che dal 2026 entreranno a regime in maniera completa le norme fiscali del Terzo Settore, con regimi dedicati agli ETS iscritti al RUNTS. Molti si chiedono quindi se la 398/91 sia destinata a sparire. La risposta, ad oggi, è chiara: le ASD e le SSD che resteranno fuori dal Terzo Settore continueranno a poterne usufruire, proprio perché il legislatore ha voluto mantenere un binario separato per lo sport dilettantistico. Per chi deciderà invece di entrare nel Terzo Settore, saranno applicati i regimi fiscali previsti dal Codice del Terzo Settore e non più la 398.
In pratica, avremo due strade parallele. Da una parte le ASD e SSD “pure”, che resteranno sotto l’ombrello del CONI o del nuovo Registro e continueranno a sfruttare i vantaggi della 398. Dall’altra le associazioni che decideranno di diventare ETS e che quindi adotteranno i regimi forfetari del Terzo Settore. La scelta dipenderà molto dalle strategie e dagli obiettivi di ciascun ente. È uno dei temi che affronto spesso nelle mie consulenze, anche attraverso sessioni introduttive gratuite che metto a disposizione di chi vuole capire meglio come orientarsi nel labirinto della normativa sportiva.
Non dimentichiamo poi che queste modifiche si inseriscono in un contesto economico particolare. Le associazioni sportive stanno affrontando costi crescenti: dalle utenze agli affitti, dalle spese per i tecnici sportivi regolarizzati con contratti di lavoro, fino alle nuove esigenze di compliance legate alla sicurezza e alla privacy. Offrire un tetto più ampio e la possibilità di includere senza dubbi anche le SSD significa dare più margini di crescita. È un segnale che va nella direzione giusta, anche se serviranno ulteriori correttivi e chiarimenti operativi.
Un aspetto che molti sottovalutano è la distinzione tra ricavi che concorrono al tetto dei 400.000 e quelli che non ci rientrano. Nel calcolo vanno inclusi solo i ricavi di natura commerciale, mentre restano esclusi contributi pubblici per finalità sportive, raccolte fondi occasionali e alcune altre voci particolari. È un dettaglio che fa la differenza, perché può determinare la permanenza o l’uscita dal regime. In studio mi capita spesso di spiegare a presidenti di associazioni che i contributi comunali per l’attività sportiva non si conteggiano nel plafond: una precisazione che a volte cambia completamente la prospettiva.
Per chi guida un’associazione o una società sportiva, quindi, non si tratta solo di conoscere la norma ma anche di saperla applicare con buon senso. È il motivo per cui ho creato guide e risorse gratuite sul mio sito, dove raccolgo i dubbi più frequenti su Partita IVA, regime forfettario e scadenze fiscali. Credo che la conoscenza debba essere accessibile, soprattutto per chi dedica il proprio tempo a far crescere lo sport dilettantistico sul territorio.
Le modifiche alla 398/91 e al D.Lgs. 36/2021 non sono l’ennesimo cavillo burocratico, ma rappresentano un passo avanti nella costruzione di un quadro normativo più coerente. Parlare di 400.000 euro come limite chiaro e attuale, estendere i benefici alle SSD e alle cooperative sportive, significa riconoscere il valore economico e sociale dello sport di base. E per chi, come me, ogni giorno lavora accanto a presidenti, allenatori e dirigenti, è un cambiamento che si traduce in meno incertezze e più possibilità di pianificazione.
Guardando al futuro, sono convinto che ci sarà bisogno di ulteriore chiarezza sulle interazioni tra riforma dello sport e Terzo Settore. Ma intanto, con questa modifica, abbiamo una certezza in più. E questo conta molto in un settore dove ogni errore amministrativo può avere ripercussioni pesanti.

Il mio consiglio per chi gestisce un’associazione o una società sportiva è semplice: non aspettate l’ultimo minuto per adeguarvi. Conoscere bene i limiti, i vantaggi e le regole del regime 398 significa poter prendere decisioni consapevoli e costruire una strategia di crescita sostenibile. È proprio su questi temi che continuo a lavorare nel mio blog e nelle mie consulenze, perché credo che lo sport dilettantistico abbia bisogno non solo di passione, ma anche di competenze amministrative solide.